Ecco perché non bisogna demonizzare Tik Tok

Davvero interessante l’articolo su TikTok pubblicato sulla rivista Ras (Rassegna dell’Autonomia Scolastica giugno-luglio 2021), scritto dal professor Alfonso Benevento, esperto di nuove tecnologie, che ho avuto modo di leggere con molta attenzione.

Ringrazio il professor Benevento per aver citato la mia ricerca, contenuta nel mio ultimo libro “Figli delle App”.

L’analisi del professor Benevento mira a non demonizzare Tik Tok piattaforma diventata, ormai da diverso tempo, il punto di riferimento per moltissimi preadolescenti e adolescenti.

Il mondo dei Social Media, scrive Benevento, potrebbe essere suddiviso in macroaree: servizi di gestione e pubblicazione di contenuti, comprendendo blog, microblog e podcast; servizi di aggregazione e condivisione di oggetti mediali comprendendo YouTube per i video, Instagram e Tik Tok per i video e le foto; social network utilizzati come servizi per gestire amicizie e allargare la rete dei contatti; ambienti immersivi in cui si possono condividere esperienze di gioco; piattaforme di comunità collaborative in cui si possono creare e gestire pagine web comunitarie.

L’elemento da evidenziare è il binomio online e offline, poiché non ci rendiamo conto di quanto tempo trascorriamo in rete. Così come ho sempre sostenuto la tecnologia non è più un semplice strumento ma un ambiente relazionale a tutti gli effetti. I social network, che appartengono ai Social Media, sono delle vere e proprie piazze virtuali che hanno modificato il nostro modo di relazionarci con gli altri. Infatti, è divenuto importante l’impatto della tecnologia nel quotidiano. Si annulla lo spazio e il tempo, perché siamo entrati nell’era del qui e ora, è l’epoca della pervasività dei flussi di comunicazione.

Sì, perché siamo individui immersi nei Social Media che rappresentano in modo preminente il nostro contesto esperienziale sulla base del quale costruiamo la nostra identità. Un processo sociale nel quale la rappresentazione di sé diventa un susseguirsi di eventi pubblici che creano uno scollamento tra ciò che siamo e ciò che rappresentiamo di noi.

La vetrinizzazione delle nostre vite l’immagine di sé diventa oggetto – altro da sé. Esporsi in vetrina significa portare la propria esistenza alla costruzione di un io iperfluido. L’estrema fluidità diventa fragilità se si concretizza nel bisogno di incontrare il gradimento degli altri come unico obiettivo, piuttosto che quello di esercitare un ruolo sociale.

Come sosteneva Castells i social sono il luogo della democratizzazione del privato, dell’autorappresentazione, dell’autonarrazione, dell’autocomunicazione di massa, dove si realizza la proiezione che ciascuno vuole dare di se stesso agli altri ed anche il luogo per eccellenza dove gli altri attraverso il loro gradimento ci ridefiniscono.

Benevento ha spiegato cosa è possibile realizzare con TikTok: video di breve durata in cui si può cantare, ballare, recitare e qualcuno dall’altra parte dello schermo cerca di imitarlo.

Inoltre, ha descritto la figura del TikToker ossia quegli utenti che hanno iniziato a creare molti contenuti di vario genere, spesso originali o istruttivi, e i loro video hanno riscosso grande successo. Benevento ci avverte che come in qualsiasi altro social possono essere presenti “i commenti tossici” oppure “contenuti poco educativi”, poiché non vi è un controllo sui commenti.

Secondo il professor Benevento tra tutti i social si tende a preoccuparsi solo di TikTok, in relazione ad eventi allarmanti o per le sfide, le cosiddette challenge, e sottolinea che il tono allarmistico è condivisibile. Il dato che preoccupa è l’età anagrafica degli utenti sulla quale si è tanto discusso per la mancanza di controlli adeguati. Io stesso ho scritto diversi articoli, l’ultimo nel mese di aprile, in cui TikTok fu citata in giudizio per aver violato i dati personali di 3,5 milioni di bambini.

“L’adulto – sostiene Benevento – non dovrebbe consegnarli al bambino a cuor leggero e liberamente, poiché data la loro giovane età non hanno ancora sviluppato né il senso critico né quello del pericolo”.

Purtroppo siamo molto esperti nel piangerci addosso e nel cercare il colpevole sempre nell’altro. Su tutte le questioni. Ci sono personaggi che passano ogni giorno dalle stelle alle stalle con una facilità estrema. Ma come dice un mio caro amico e collega sacerdote-psicoterapeuta il professor Umberto Fontana dell’Università Salesiana IUSVE, “sui social si passa dall’altare alla polvere ma anche quando sei sull’altare e sempre bene avere a portata di mano un’ aspirapolvere”. Non mi appassiona questa caccia alle streghe. Preferisco mettere a disposizione la mia esperienza e le mie ricerche più che indicare colpevoli. Quando è morta la piccola bambina palermitana, Antonella Sicomoro, ogni cittadino di una società civile dovrebbe aver provato un senso di colpa.

Cosi come il Prof. Benevento ritengo essenziale fare formazione a scuola per i ragazzi e per i docenti. Educazione ai sentimenti e al rispetto del proprio corpo e di quello degli altri. E poi una scuola per genitori per far comprendere fino in fondo le potenzialità e i rischi delle nuove tecnologie. E’ l’unica strada per rinascere. Un’alleanza educativa per una grande emergenza educativa. Ma tutti dobbiamo essere convinti che è una battaglia da fare, senza puntare il dito sempre e solo su TikTok.

autore: Prof.Francesco Pira


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