Il processo di internazionalizzazione nella Scuola italiana: gli interventi più recenti

1. A differenza della maggior parte dei sistemi scolastici stranieri, quello italiano si caratterizza per una ‘rigidità’ di impostazione del curricolo: l’attribuzione degli studenti ad una determinata classe per l’intera durata del percorso scolastico quinquennale, le discipline di insegnamento curriculari, l’organizzazione del tempo-scuola sono caratteristiche molto resistenti del nostro sistema, nonostante le potenzialità previste dall’autonomia attribuita alle istituzioni scolastiche. Può accadere dunque che, in virtù di questa caratteristica, gli alunni restino insieme nella medesima classe per anni (ad es.: 3 anni nell’infanzia, 5 anni nelle elementari, 3 anni nelle medie, 5 anni nelle superiori): a tale proposito, si può addirittura verificare – e ciò accade molto più di frequente di quanto si possa immaginare – che, negli istituti comprensivi, alunni restino nello stesso gruppo classe per ben 11 anni (infanzia + elementari + medie), con il conseguente e comprensibile disorientamento relazionale nel passaggio alle scuole superiori. E’ evidente come un sistema così fortemente e storicamente strutturato favorisca, da un lato, l’accoglienza e lo sviluppo della stabilità emotiva/affettiva con i coetanei, ma è altrettanto evidente che questa impostazione possa favorire una mancanza di flessibilità/adattabilità di carattere esteso. Dunque, le scuole superiori di secondo grado – quelle interessate direttamente dalla mobilità studentesca – non possono che trarre un enorme beneficio dall’innesto nella comunità didattica tout court di alunni stranieri, al pari di quegli alunni che scelgono la mobilità all’estero che hanno, in tal modo, il vantaggio di confrontarsi con esperienze scolastiche totalmente diverse. In particolare, la presenza di un alunno straniero rappresenta una fonte di innovazione, un fattore che produce cambiamento, che richiama continue strategie di rimodulazione e di adattamento, senz’altro all’interno del gruppo-classe, ma anche, se tale presenza viene socializzata e resa significativa, per l’intera scuola che lo accoglie. Il futuro si giocherà proprio sulla capacità di decostruire il cognitum e di dialogare con l’alienum: è urgente, perciò, preparare i giovani a fornirsi di una ‘cassetta degli attrezzi’, ovvero di una forma mentis, grazie alla quale collocare il patrimonio di competenze/conoscenze, mirate a saper interagire con ‘l’altro’ in modo sapiente. Compito della scuola – e la normativa vigente va letta come risorsa – è la preparazione, l’organizzazione e la cura di un contesto accogliente nei fatti, ma è anche l’inserimento in un orizzonte di valori, di comportamenti e di conoscenze flessibili, all’interno delle quali ricercare e raggiungere l’equilibrio tra nazionale/internazionale, tra locale/globale. L’approccio glocal è quello che più favorevolmente mette in condizione gli alunni, ed anche i docenti e le famiglie, di affrontare le complessità attuali e di comprendere/interpretare in modo non banale gli avvenimenti. Al centro del processo educativo, dunque, deve essere collocato l’alunno e la sua formazione come cittadino cosmopolita, come persona responsabile su scala planetaria.

      2. Nell’ultimo decennio la necessità di sviluppare il processo di internazionalizzazione della Scuola italiana si è fatto esplicito e primario, come si evince dai più recenti Atti di indirizzo relativi all’individuazione delle priorità politiche del MIUR. Negli ‘Orientamenti concernenti il Piano Triennale dell’Offerta Formativa’ (Dipartimento per il Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione) pubblicati il 6 ottobre 2017, si invita a ‘considerare, nell’adeguamento della progettazione, il quadro di riferimento indicato dal Piano per l’Educazione alla Sostenibilità che recepisce i Goals dell’Agenda 2030’ (pag. 2). Dunque, l’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile, approvata il 25 settembre 2015 dalle Nazioni Unite, con i relativi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs nell’acronimo inglese) è stata indicata come punto di riferimento per la nuova progettazione delle scuole che possono ispirarsi al Goal 4 ‘Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti’, in cui al punto 4.7  viene posto l’obiettivo che ‘tutti gli studenti acquisiscano le conoscenze e le competenze necessarie per promuovere lo sviluppo sostenibile attraverso, tra l’altro, l'educazione per lo sviluppo sostenibile e stili di vita sostenibili, i diritti umani, l'uguaglianza di genere, la promozione di una cultura di pace e di non violenza, la cittadinanza globale e la valorizzazione della diversità culturale e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile’. Antecedente di qualche mese, la Legge 13 luglio 2015 n. 107, art. 1 c. 7 lett. d), individua tra gli obiettivi formativi prioritari proprio ‘lo sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza attiva e democratica attraverso la valorizzazione dell'educazione interculturale e alla pace, il rispetto delle differenze e il dialogo tra le culture’. 

      3. L’esperienza di studio all’estero che rappresenta lo strumento più potente e concreto a disposizione degli studenti per il raggiungimento di obiettivi così impegnativi deve, però, essere inserita in un percorso progettuale di Istituto ampiamente condiviso e di durata pluriennale. A sostegno della mobilità, per facilitare il reinserimento e la valutazione degli studenti al rientro nella scuola di appartenenza ed anche per regolamentare il riconoscimento degli studi svolti all’estero è intervenuta la Nota MIUR prot. 843 del 10 aprile 2013 ‘Linee di indirizzo sulla mobilità studentesca internazionale individuale’ in cui viene sottolineato, tra l’altro, che a livello ordinamentale le esperienze di studio e formazione all’estero degli studenti vengono considerate parte integrante dei percorsi di formazione e istruzione. Nella Nota vengono anche chiarite le modalità di ‘accompagnamento’ centrato sullo studente, la necessità di stabilire un contratto formativo, le modalità di riammissione che devono essere esplicitate nel Piano dell’Offerta Formativa. Un ulteriore progresso si è avuto, nel settembre 2017, con la pubblicazione della ‘Guida operativa per il Dirigente Scolastico – Educazione interculturale e mobilità studentesca’, elaborata dalla Fondazione Intercultura insieme all’Associazione Nazionale Presidi, con indicazioni precise per la gestione ed organizzazione dei processi di mobilità studentesca in ingresso e in uscita. Alla crescita numerica degli studenti in mobilità internazionale si deve guardare con favore, ma proprio le dimensioni che il fenomeno sta assumendo richiedono ai Dirigenti Scolastici sia una capacità ‘visionaria’, sia una dimensione organizzativa di ampio respiro innovativo per la quale ‘esplorare’ le opportunità/potenzialità offerte dall’autonomia. E’ evidente, però, che la normativa vigente dovrebbe essere ulteriormente ‘affinata’ con l’inserimento di procedure standard inequivoche e unitarie che diano ulteriore sostegno alle esperienze di mobilità. In affiancamento, sulla scorta della formazione per docenti prevista per il Piano Nazionale Scuola Digitale, si potrebbe auspicare la messa in cantiere di un Piano Nazionale per l’Internazionalizzazione della Scuola, rivolto anch’esso ai Dirigenti e ai docenti, che rappresenterebbe un intervento coerente per dare una dimensione di concretezza al processo di internazionalizzazione che, ancora troppo spesso, è oggetto di retoriche dichiarazioni di intenti.

 




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